Le città si aprono agli animali

Come e perché è cambiato il comportamento degli animali selvatici durante il lockdown da coronavirus. Il parere dello zoologo Bruno Cignini

di Maria Pia Terrosi

Anatre nella fontana della Barcaccia a Roma, capre a passeggio nelle strade della cittadina gallese di Llandudno, caprioli a Pescara, banchi di pesci nei canali di Venezia. In questi giorni di lockdown e di fermo delle attività produttive, in molte città italiane e non solo si sono moltiplicati gli avvistamenti di animali selvatici a spasso nelle vie della città. Fake news a parte, gli animali sembra stiano riappropriandosi di molti spazi urbani, momentaneamente non frequentati dagli ingombranti umani. Ne abbiamo parlato con Bruno Cignini, zoologo, attualmente docente di Fauna urbana all’Università di Tor Vergata.

Perché in questi giorni vediamo più spesso animali in giro nelle nostre città?

L’inurbamento non è una novità: sono moltissime le specie di animali che ormai si sono adattate perfettamente a vivere in città. Questo per vari motivi: perché le città sono più calde, meno rischiose (non sempre ci sono i predatori naturali) e soprattutto perché nelle aree urbane è più facile trovare cibo. Le città italiane poi – come del resto il nostro intero territorio – sono particolarmente ricche in termini di biodiversità. Basti pensare che a Roma sono presenti 40 specie di mammiferi (il 35% delle specie presenti in Italia), 140 di uccelli (di cui 80 nidificanti che rappresentano il 32% delle specie nidificanti in Italia), 200 specie di vertebrati terrestri, di cui 9 di anfibi (25% delle specie italiane), 16 di rettili (28% delle specie italiane). Senza contare le 5.150 specie di insetti. Questo per dire che gli animali nelle città ci sono sempre stati, per i motivi che ho detto. Quello che è cambiato in questi giorni è il loro comportamento: se prima si muovevano solo in alcuni momenti della giornata – solitamente all’alba o di notte quando ci sono meno persone in giro – ora li vediamo in orari e luoghi diversi dal solito.

In pratica  hanno cambiato le loro abitudini?

Proprio così. Gli animali hanno saputo adattarsi rapidamente al nostro diverso comportamento di questo periodo, modificando il loro. Occupando in parte i nostri spazi e orari. Ci sono specie di uccelli, ad esempio, che in questi giorni stanno facendo il loro nido in luoghi del tutto nuovi, inutilizzati in passato ma che in questo momento vanno bene perché sono tranquilli.

Ci sono poi alcune specie più attive, penso agli scoiattoli o alle volpi che si muovono di più, si avvicinano all’uomo. Oppure le cosiddette specie opportuniste, come gabbiani, piccioni, cornacchie, parrocchetto, che sanno sfruttare rapidamente le risorse messe a disposizione dagli umani. Questi animali hanno rivisto il loro comportamento, cambiato le loro abitudini spostandosi in quei luoghi dove oggi è più facile trovare cibo. Se due mesi fa presidiavano bar e chioschi, ora li troviamo più facilmente su balconi e terrazze.

A questo va aggiunto il fatto che la chiusura delle attività produttive, dei negozi e il minor traffico cittadino non solo spingono gli animali a conquistare nuovi spazi, ma al tempo stesso rendono a noi più facile accorgersi della loro presenza. Prendiamo gli uccelli che – specie in questo periodo riproduttivo – fanno molti canti territoriali. Questi canti ci sono sempre stati, ma semplicemente erano sommersi dal rumore del traffico. Eravamo noi a non sentirli.

A fine lockdown tutto tornerà come prima. Possiamo però imparare qualcosa da questo periodo?

Sì, quando questa emergenza sarà finita naturalmente gli uomini riconquisteranno i loro spazi nelle città e le cose almeno per quanto riguarda gli animali torneranno come prima. Spero però che questa situazione drammatica possa insegnarci qualcosa. Aver visto più da vicino alcuni animali, ascoltato il canto degli uccelli, dovrebbe spingerci a rivedere il nostro rapporto con la natura e gli animali. E mi riferisco soprattutto ai ragazzi.