Il coronavirus s’abbatte anche sulle rinnovabili

Le associazioni di settore chiedono al governo di sospendere tutti i termini burocratici legati all’efficienza energetica, “lo impone l’emergenza sanitaria”

di Redazione

Lo sciame virale che attraversa l’Italia si porta dietro conseguenze non solo sanitarie. Questa volta a manifestare difficoltà sono le associazioni che si occupano di energia rinnovabile: anche per loro si registrano ostacoli legati al coronavirus.

Alla luce dell’attuale emergenza sanitaria, “il governo sta giustamente predisponendo una serie di provvedimenti che via via stanno chiudendo parti produttive del nostro Paese al fine di cercare di limitare le conseguenze della pandemia da coronavirus in corso”. Il settore industriale – rappresentato dal Coordinamento Free, che vede riunite tutte le associazioni del settore delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica – è tra quelli “fortemente colpiti dalle limitazioni imposte e nonostante questo continua, e continuerà a dare continuità all’attività di produzione elettrica così importante per il nostro Paese”.

A fronte di questo impegno è tuttavia necessario che il governo assuma “rapidamente le misure volte ad evitare che l’impossibilità di ottemperare ad obblighi temporali di adempimenti amministrativi prescritti dagli enti preposti (Arera, Terna, Gse, Agenzia delle dogane ecc.) possa danneggiare gli imprenditori” dei settori coinvolti.

Nello specifico cosa chiedono le associazioni del cartello Free?

Sostanzialmente, di garantire, “ingaggiando attivamente il Gse e rendendolo soggetto attivo in questo difficile momento, la sospensione di tutti i termini e di tutti gli adempimenti connessi alla produzione, gestione, autorizzazione, costruzione, incentivazione ecc. degli impianti per la produzione di energia rinnovabile e per l’efficienza energetica, per un periodo pari almeno a sei mesi al fine di consentire la continuità delle iniziative e di non penalizzare gli operatori”.

Queste sono richieste indispensabili per evitare tra l’altro che “con l’impossibilità di ottemperare a tali scadenze vadano perse iniziative industriali calcolate nei numeri indicati dal governo come necessari al fine di realizzare la transizione energetica indicata nel Pniec”.