Spostarsi in bici ai tempi del coronavirus

In tutto il mondo le città istituiscono piste ciclabili temporanee sulle direttrici di traffico più utilizzate. Unica eccezione l’Italia. Le proposte Legambiente contro divieti e chiusure

di Goffredo Galeazzi

Bogotà (Colombia), Calgary (Canada), Colonia (Germania) e altre città hanno bloccato tratti di strada nelle ultime settimane. Oakland in California chiuderà il 10% della sua rete stradale al traffico veicolare. Budapest ha deciso di istituire una serie di piste ciclabili temporanee sulle direttrici di traffico più utilizzate: la segnaletica stradale viene ridisegnata per le richieste dei ciclisti che richiedono più spazio per mantenere un’adeguata distanza di sicurezza durante la pandemia di Coronavirus.

L’Italia invece viaggia in direzione opposta. Lungo l’Adige diverse amministrazioni sono ricorse a misure straordinarie per impedire l’afflusso lungo le ciclopedonali. A Verona le piste ciclabili sono state dichiarate chiuse. Il sindaco di Rovigo Edoardo Gaffeo ha firmato un’ordinanza per la chiusura di parchi e piste ciclabili. A Salgareda, in provincia di Treviso, dopo l’invito del governatore Luca Zaia, il sindaco ha sbarrato le piste ciclabili. Il presidente della Provincia di Varese, Emanuele Antonelli, ha prorogato fino al 3 maggio 2020 la chiusura delle piste ciclabili provinciali.

Ripensare la mobilità post pandemia

In controtendenza a questo andazzo di chiusure e divieti, Legambiente ha scritto una lettera ai sindaci delle città italiane e al presidente dell’Anci Antonio Decaro, indicando una serie di misure per ripensare la mobilità in città post Covid-19, evitando che l’auto, le moto e gli scooter siano per i cittadini la soluzione più sicura per proteggersi dal virus e per spostarsi.

Nel pacchetto proposto dall’associazione ambientalista, sono previsti mezzi pubblici più sicuri, più bici e nuove ciclabili nelle aree urbane, il rafforzamento della sharing mobility (auto soprattutto elettriche, bici, e-bike, scooter elettrici e monopattini).

Nonostante l’accesso degli abitanti in molti parchi urbani e piste ciclabili sia limitato per impedire la diffusione del coronavirus e il traffico sia calato in tutto il mondo, e con esso i livelli di biossido di azoto, preoccupa l’aumento della velocità delle automobili che mette in pericolo passanti e ciclisti. Le soluzioni avanzate prevedono limiti di velocità più bassi, restrizione della circolazione lungo le strade residenziali e introduzione di più piste ciclabili.

E infatti, mentre in Italia fioccano i divieti, un numero crescente di città in tutto il mondo sta limitando temporaneamente lo spazio stradale alle automobili a favore delle persone a piedi e in bicicletta per permettere ai lavoratori di muoversi in sicurezza e ai residenti di mantenersi socialmente attivi.

A Filadelfia i funzionari del Comune hanno chiuso al traffico automobilistico 4,7 miglia di Martin Luther King Jr Drive, un ampio viale lungo il fiume a seguito di una petizione di 1.100 persone. Minneapolis ha chiuso parte dei suoi parcheggi lungo il fiume ai veicoli a motore. Denver ha introdotto piste ciclabili e pedonali sulle strade intorno al lago Sloan per permettere alle persone di muoversi in sicurezza.

Le città canadesi

In Canada, a Vancouver il Stanley Park è percorribile solo in bicicletta o a piedi, così come la corsia in direzione di Beach Avenue per limitare l’afflusso di visitatori che arrivano in auto e parcheggiano pericolosamente.

A Winnipeg, quattro strade sono limitate al ciclismo e alle passeggiate dalla mattina alla sera tutti i giorni, mentre a Calgary le corsie di alcune strade sono state riassegnate alle bici. In Nuova Zelanda le strade di molte città sono state modificate per dare maggiore spazio alla mobilità a piedi e in bicicletta in modo da consentire alle persone di spostarsi mantenendo due metri di distanza fisica come misura anti contagio. Bogotá ha sostituito 35 km di corsie di traffico con nuove piste ciclabili. Alla fine di marzo il sindaco di Città del Messico ha proposto 130 km di piste ciclabili temporanee: una corsia temporanea di 1,7 km, in funzione dalle 8 alle 19, è stata già installata lungo una via principale.

Interessante l’esperienza di Budapest. Il traffico in città ha registrato un dimezzamento dei veicoli e un calo dei passeggeri del trasporto pubblico quasi del 90%. Per ridurre al minimo il contatto con altri passeggeri sui mezzi di trasporto è stata attuata una forte riduzione del prezzo del sistema locale di bike sharing permettendo al traffico di biciclette in città di aumentare. Il sindaco della capitale ungherese Gergely Karácsony ha deciso di puntare sulla bicicletta attraverso un programma volto a migliorare le condizioni per poter pedalare in sicurezza, fornendo quindi un’alternativa sostenibile agli utenti della strada.

L’esperimento di Berlino

Il piano di sviluppo della rete ciclabile di emergenza messa a punto dagli esperti prevede piste ciclabili sui bordi delle strade a più corsie in entrambe le direzioni. In Germania a fine marzo le autorità locali nel quartiere Kreuzberg di Berlino hanno sperimentato un ampliamento temporaneo di due piste ciclabili, per aiutare i ciclisti a mantenere la necessaria distanza di sicurezza. Dopo l’esperimento il consiglio ha dichiarato il programma pilota un successo perché aveva migliorato la sicurezza in bicicletta senza ostacolare il traffico. Un ampliamento del programma su ulteriori strade a Kreuzberg, così come nei distretti di Schöneberg e Tempelhof, è previsto per le prossime settimane. I residenti in altre 133 città tedesche hanno presentato formalmente alle loro autorità domande per piste ciclabili temporanee in seguito a una campagna di Environmental Action Germany (DUH), una Ong ambientale.

Nel Regno Unito, tuttavia, emerge un’immagine molto diversa. A Londra, dove il traffico è diminuito del 63% sulle strade principali, il commissario per le passeggiate e il ciclismo Will Norman afferma che le piste ciclabili di emergenza sulle strade della città non proteggerebbero i ciclisti senza migliorare il traffico agli incroci.