Ripensare il lavoro da casa oltre il coronavirus

Indagine Enea sul telelavoro nella Pubblica amministrazione: benefici in termini ambientali e capacità di gestire meglio e con maggiore soddisfazione attività lavorativa e vita privata

di Goffredo Galeazzi

Una prima indagine nazionale sul telelavoro nella Pubblica amministrazione. Non c’entra la pandemia da coronavirus ma può dare indicazioni concrete su come ripensare il lavoro da casa, ora che molte aziende si sono viste costrette a ricorrere appunto al telelavoro e che si pensa di regolamentarlo in maniera più puntuale.

Si chiama “Il tempo dello Smart Working. La PA tra conciliazione, valorizzazione del lavoro e dell’ambiente” ed è la prima ricerca nazionale su telelavoro e lavoro agile nella Pubblica amministrazione, durata più di un anno, realizzata da Enea a cui hanno aderito 29 amministrazioni pubbliche che, già prima dell’emergenza Coronavirus, avevano attivato e reso accessibile queste nuove forme di lavoro a distanza.

Telelavoro, ridotta la mobilità quotidiana

Sotto il profilo ambientale, dallo studio emerge che lo smart working ha ridotto la mobilità quotidiana del campione esaminato di circa un’ora e mezza in media a persona, per un totale di 46 milioni di km evitati, pari a un risparmio di 4 milioni di euro di mancato acquisto di carburante, modificando anche la loro qualità di vita e di lavoro. Si tratta di un dato di rilievo, tenuto conto che secondo l’Inrix 2018 Global Traffic Scorecard una città ad alta presenza di lavoratori pubblici come Roma, dove lavorano 400 mila persone tra ministeri e amministrazioni centrali e locali, è la seconda al mondo per ore trascorse in auto, il doppio di New York, il 12% in più di Londra, il 70% in più di Berlino, il 95% in più di Madrid. Da qui il duplice beneficio di tempo personale liberato e di traffico urbano evitato, con un taglio di emissioni e inquinanti che Enea stima in 8 mila tonnellate di CO2, 1,75 t di PM10 e 17,9 t di ossidi di azoto.

I dati analizzati hanno coinvolto oltre 5.500 persone ed è stato anche realizzato un sondaggio, su base volontaria, al quale ha risposto il 60% del totale coinvolto, costituito per il 76% da donne e il 24% da uomini. La partecipazione dell’universo femminile al sondaggio non sorprende, dal momento che per le donne è da sempre difficile conciliare lavoro-famiglia, anche se la portata trasformativa e le potenzialità di questa nuova organizzazione del lavoro consente di migliorare la qualità del lavoro, valorizzare le persone e agire per la sostenibilità ambientale urbana. In particolare, lo studio evidenzia che esistono i presupposti per modifiche di comportamento stabili, su larga scala, in grado di incidere su livelli di congestione e di inquinamento e che è possibile impostare con successo policy urbane integrate, aprendo a una maggiore flessibilità nella scelta di luoghi e dei tempi di lavoro.

Criticità e punti di forza del lavoro a distanza

“Lo studio presenta una stima del potenziale di mitigazione di consumi ed emissioni inquinanti conseguibili attraverso il lavoro a distanza e l’innovazione organizzativa, e li pone in relazione con gli effetti generati: dallo sviluppo urbano all’efficientamento della Pubblica amministrazione, al welfare fino alle tematiche di genere”, spiegano Marina Penna e Bruna Felici, due delle ricercatrici Enea che hanno curato l’indagine. La metodologia di analisi adottata ha posto in relazione i profili degli intervistati (genere, età, titolo di studio, esperienza di lavoro, caratteristiche della famiglia, ecc…) con le abitudini di mobilità, le motivazioni alla base di queste, le testimonianze di come il lavoro a distanza ha modificato il modo di lavorare, le relazioni con i responsabili e con i colleghi, quelle con i familiari, la percezione della propria vita personale e, infine, il grado di soddisfazione/insoddisfazione che ha accompagnato questo cambiamento. L’esperienza maturata in ciascuna amministrazione e le motivazioni alla base del ricorso al lavoro a distanza hanno permesso di valutare meglio i risultati, le criticità e i punti di forza di questa nuova forma di lavoro.

“I risultati assumono un particolare significato in questi giorni in cui circa il 75% dei dipendenti pubblici lavora in modalità smart working e confermano che le amministrazioni che lo avevano già adottato si siano dimostrate più reattive e competitive rispetto alle altre nell’affrontare l’emergenza”, aggiunge Marina Penna. La mobilità è il fattore chiave di un sistema complesso che ruota attorno all’organizzazione del lavoro e si configura come una delle principali cause dei consumi energetici e dello stress ambientale sul quale occorre intervenire con estrema rapidità. Del resto le conclusioni dell’ultimo rapporto dell’IPCC sono piuttosto chiare quando sostiene che saremo in grado di mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2 gradi solo se mettiamo in atto modifiche senza precedenti delle nostre abitudini in tutti gli ambiti della società, quali l’energia, il territorio e gli ecosistemi, le città e le infrastrutture, nonché l’industria”.

Rischio rimbalzo di consumi di carburanti e di emissioni

“L’emergenza coronavirus – continua Penna – ci ha di fatto costretti a mettere in atto tali modifiche straordinarie e oggi siamo in grado di misurarne gli effetti”. Già oggi l’analisi trimestrale dell’Enea evidenzia una diminuzione del 7% rispetto al 2019 dei consumi di energia primaria e finale nei primi tre mesi dell’anno, con un picco del -15% a marzo e stima un possibile calo di ben oltre il 10% per l’intero semestre, mentre le emissioni di CO2 hanno segnato una drastica diminuzione (-10% circa) con la previsione di un -15% nel semestre. “Dal momento che il calo non è strutturale, ma si lega a condizioni di emergenza il timore è l’effetto rimbalzo sui consumi di carburanti e sulle relative emissioni”, chiarisce Penna. “Le conseguenze sarebbero pesanti sia per l’avvio di una fase di crescita, che allontanerà l’Italia sempre più dai target dell’accordo di Parigi sia per il repentino incremento dei costi dei carburanti. Per uscire da questa emergenza sanitaria meglio di come ci siamo entrati lo smart working andrà compreso, mantenuto, potenziato e reso più efficace. Soprattutto nelle grandi città in assenza di misure, si prospetta un massiccio ricorso al mezzo privato che offre una percezione di sicurezza dal contagio. Opportunamente governato a livello territoriale, il ricorso allo smart working consentirebbe infatti di moderare e modulare la domanda di spostamenti casa-lavoro in modo coordinato con la programmazione del trasporto pubblico locale, operazione particolarmente utile nella fase 2 dell’emergenza Covid-19, in cui dovremo trovare gli adattamenti per convivere con il coronavirus”, conclude Penna.

Un focus sulla dimensione personale ha rivelato che il tempo liberato dagli spostamenti quotidiani non è solo un guadagno in termini di quantità ma anche la riscoperta della qualità che assume il tempo di cui ci si riappropria; nella pratica questo si traduce nella capacità di gestire meglio e con maggiore soddisfazione attività lavorativa e vita privata.

“Non c’è dubbio che il lavoro agile sia in grado di migliorare la qualità dell’ambiente delle nostre città, la vivibilità di aree urbane decongestionate dal traffico e anche la rivitalizzazione di quartieri periferici che sono normalmente svuotati dal pendolarismo lavorativo, come accade ad esempio a Roma”, conclude Bruna Felici.