qualità aria

L’Italia ha violato la direttiva Ue sulla qualità dell’aria

La Corte di giustizia Ue: dall’Italia misure tardive e insufficienti per contrastare l’inquinamento atmosferico dal 2008 al 2017. Verso sanzioni pecuniarie

Dal 2008 al 2017 in diverse zone d’Italia sono stati superati i valori limite giornaliero e annuale fissati per le particelle PM10 dalla direttiva Ue sulla qualità dell’aria. E le misure introdotte dall’Italia per contrastare il fenomeno sono state tardive e insufficienti. Con queste motivazioni la Corte di giustizia della Ue ha accolto il ricorso della Commissione europea contro l’Italia. Il nostro Paese dovrà ora conformarsi alla sentenza o andrà incontro a sanzioni pecuniarie. Le violazioni riguardano sia il limite giornaliero (e in questo caso sono diverse le zone incriminate) sia il limite annuale (si tratta sostanzialmente della Pianura Padana).

Secondo la Corte, il fatto che i valori limite non siano stati superati nel corso di taluni anni durante il periodo considerato “non osta all’accertamento, in una situazione siffatta, di un inadempimento sistematico e continuato alle disposizioni”. Infatti, per evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi sulla salute umana e/o sull’ambiente nel suo insieme il “valore limite” deve essere conseguito entro un dato termine. E non può essere superato una volta raggiunto.

Diversità delle fonti d’inquinamento

La Corte giudica “irrilevante che l’inadempimento risulti dalla volontà dello stato membro al quale è addebitabile, dalla sua negligenza, oppure da difficoltà tecniche o strutturali cui quest’ultimo avrebbe dovuto far fronte, salvo stabilire l’esistenza di circostanze eccezionali le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate nonostante l’uso della massima diligenza”. L’Italia tuttavia non ha fornito prove in questo senso. “Invano si è fondata sulla diversità delle fonti d’inquinamento dell’aria per sostenere che alcune di esse non potrebbero esserle imputate, come esempio quelle che sarebbero influenzate dalle politiche europee di settore, o sulle particolarità topografiche e climatiche di talune zone interessate”.

Per la Corte non ha altresì rilevanza la circostanza, invocata dall’Italia, dell’estensione limitata, rispetto all’insieme del territorio nazionale, delle zone sulle quali vertono le censure invocate dalla Commissione: “Il superamento dei valori limite fissati per le particelle PM10, anche nell’ambito di una sola zona, è di per sé sufficiente perché si possa dichiarare un inadempimento delle disposizioni della direttiva”.

Non adottate le misure imposte

Inoltre, dice la Corte, “in caso di superamento dei valori limite dopo il termine previsto per la loro applicazione, lo stato membro interessato è tenuto a redigere un piano relativo alla qualità dell’aria che risponda ai requisiti della direttiva”. Deve, inoltre, prevedere misure adeguate “affinché il periodo di superamento di tali valori limite sia il più breve possibile”. Ebbene, “l’Italia non ha manifestamente adottato, in tempo utile, le misure imposte”.

Peraltro “le misure previste dai piani per la qualità dell’aria sottoposti alla Corte, in particolare quelle intese a indurre cambiamenti strutturali, per una grande maggioranza di esse sono state previste solo in tempi estremamente recenti e molti di questi piani dichiarano una durata di realizzazione degli obiettivi relativi alla qualità dell’aria che può essere di diversi anni, se non addirittura di due decenni dopo l’entrata in vigore di detti valori limite”. Per la Corte è la dimostrazione che “l’Italia non ha dato esecuzione a misure appropriate ed efficaci affinché il periodo di superamento dei valori limite fissati per le particelle PM10 sia il più breve possibile”.

Ora l’Italia deve conformarsi alla sentenza “senza indugio”. La Commissione, invece, qualora ritenga che lo Stato membro non si sia conformato alla sentenza, può proporre un altro ricorso chiedendo sanzioni pecuniarie.

Il procedimento era stato avviato nel 2014 per superamento dei valori limite fissati per le particelle PM10 dalla direttiva qualità dell’aria 2008/50/CE a partire dal 2008. Ritenendo insufficienti i chiarimenti forniti in proposito dall’Italia, la Commissione, il 13 ottobre 2018, ha proposto dinanzi alla Corte un ricorso per inadempimento. Martedì 10 novembre la Corte ha accolto il ricorso di Bruxelles.