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Così il prezzo è equo: una felpa costa 876 euro

Al via la nuova campagna online della Ong Mani Tese per sensibilizzare sugli impatti sociali e ambientali legati alla fast fashion. Contabilizzati i costi ambientali e umani della produzione

Perchè alcuni capi di abbigliamento costano così poco? Chi paga per quel prezzo stracciato? Si chiama “Prezzi dell’altro mondo” la nuova campagna di sensibilizzazione lanciata pochi giorni fa dalla Ong Manitese. Obiettivo: fare i conti con la moda usa e getta.

Il sito www.prezzidellaltromondo.it è una “finta” piattaforma di e-commerce dove, al momento dell’acquisto, gli utenti potranno riflettere sulle conseguenze provocate dall’abbigliamento delle catene della fast fashion.

Così, ad esempio, mettendo nel carrello virtuale una felpa con cappuccio da uomo, il costo dell’”offerta dell’altro mondo” è pari a soli 6,9 euro. Ma nasconde un prezzo ben più alto: 190 euro di produzione di rifiuti, 230 di emissioni di gas serra, 150 euro in termini di consumo di risorse naturali. E poi, sfruttamento dei lavoratori e quindi violazione dei diritti umani…
Il risultato, cioè il vero prezzo da pagare, a livello ambientale ed etico, è dunque ben più alto di quello che appare sugli scaffali. E’ 876 euro, la somma di una serie di costi aggiuntivi che non hanno la pretesa di esattezza scientifica, ma intendono dare un’idea degli impatti legati alle ripercussioni sull’ambiente e sul rispetto dei diritti umani che spesso si celano dietro i vestiti fast fashion.

“L’obiettivo della campagna – ha spiegato Riccardo Rossella, responsabile del progetto Cambia Moda! per Mani Tese – è quello di indurre una riflessione su ciò che si nasconde dietro ai ritmi di consumo sempre più frenetici che caratterizzano il modello fast fashion, facendo leva proprio sulle dinamiche tipiche degli acquisti online di capi d’abbigliamento”.

Moda veloce vs lenta

La cosiddetta fast fashion è un settore dell’abbigliamento basato sull’offerta costante di nuovi capi a prezzi molto competitivi, solitamente di qualità non eccelsa.

Questo modello di produzione e consumo induce, anche attraverso campagne pubblicitarie e di marketing, a comprare molti più vestiti di quanto ce ne sia bisogno. E, soprattutto, a cambiarli sempre più spesso, come fossero, appunto, usa e getta.
L’obiettivo di Manitese è svelare i costi nascosti di questa strategia. Per potere vendere a prezzi così bassi, infatti, oltre che sulla scarsa qualità delle materie prime, la fast fashion si regge sulla delocalizzazione dei grandi marchi globali. Brand che, come molte inchieste giornalistiche hanno dimostrato, producono spesso in stabilimenti caratterizzati da bassissimi costi di manodopera, assenza di tutele per i lavoratori e scarso rispetto delle normative ambientali.

Come funziona

“Prezzi dell’altro mondo” ha come target particolare i giovani consumatori. A loro il portale propone cinque offerte “imperdibili”: una t-shirt e una felpa da uomo, una t-shirt, una maglia a maniche lunghe e un cardigan per le ragazze. Tutti venduti a pochi euro. Il sito simula, in tutto e per tutto una piattaforma di e-commerce, al fine di completare l’acquisto dei vestiti, che è possibile visionare in dettaglio, con le foto di due finti modelli. Una volta aggiunto il capo selezionato al carrello, oltre al calcolo dell’impatto in termini di ambiente e diritti, le immagini dei modelli si animano. In più, in un video due attori si rivolgono direttamente al consumatore, invitandolo a porsi delle domande sulle dinamiche sottostanti la produzione dei capi che permettono di mantenere prezzi di vendita così bassi.

Nella stessa pagina del sito della campagna, infine, è anche possibile scaricare un “Decalogo della slow fashion”. Contiene dieci consigli per cambiare il modo di approcciarsi all’abbigliamento.

In tempi di black friday, corsa ai regali per le feste, cashback et similia, ricordiamo insomma che riciclare e consumare meno è sempre meglio, per noi e per il pianeta.