qualità aria

Nonostante l’alt da Covid, in 35 città l’aria è a rischio

Lo documenta il report Mal’aria 2021 di Legambiente. E se si applicassero le linee guida Oms invece delle direttive Ue si arriverebbe a 60

Neanche il lockdown è riuscito a riportare le città italiane nei limiti di legge per l’inquinamento atmosferico. Lo testimonia il report Mal’aria di città 2021 di Legambiente. Nonostante il fermo, totale o parziale, di molte attività, nel 2020 in 35 città si sono registrati, in almeno una centralina, valori superiore al tetto stabilito dalle direttive comunitarie per le polveri sottili (Pm10).

La soglia di legge da non oltrepassare è 35 giorni nell’anno solare con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi/metro cubo. Ma se si applicassero le linee guida dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), la situazione sarebbe ancora più grave e il numero dei capoluoghi di provincia con una situazione compromessa (sul totale dei 96 esaminati) salirebbe a 60.

Le dieci città peggiori

Ecco la classifica delle 10 città con le prestazioni peggiori dal punto di vista della qualità dell’aria. A Torino spetta la maglia nera con 98 giorni di sforamenti registrati nella centralina Grassi, seguita da Venezia (via Tagliamento) con 88, Padova (Arcella) con 84, Rovigo (Largo Martiri) con 83 e Treviso (via Lancieri) con 80. Al sesto posto in classifica si trova Milano (viale Marche) con 79, seguita da Avellino (scuola Alighieri) e Cremona (Via Fatebenefratelli) a quota 78 giorni di sforamento, Frosinone (scalo) a 77, Modena (Giardini) e Vicenza (San Felice) a 75.

Che il quadro sia preoccupante del resto non è una novità. Lo dimostrano le due procedure di infrazione in cui è incappata l’Italia per il mancato rispetto dei limiti normativi previsti della direttiva europea per le Pm10 e gli ossidi di azoto. A cui si è aggiunta lo scorso novembre una nuova lettera di costituzione in mora da parte della Commissione europea in riferimento alle eccessive concentrazioni di particolato fine (Pm2,5): sono state giudicate “non sufficienti” le misure adottate dal nostro Paese per ridurre tali criticità.

Le proposte di Legambiente

Se ne può uscire? Ecco le proposte di Legambiente sui due nodi da sciogliere: mobilità e riscaldamento. “Occorre prevedere”, scrive l’associazione ambientalista, “il potenziamento del trasporto pubblico locale e della mobilità condivisa, elettrica ed efficiente per garantire il diritto di muoversi senza inquinare, lo stop progressivo alla circolazione delle auto nei centri delle città, senza deroghe nè scappatoie, lo stop agli incentivi per la sostituzione dei mezzi più vecchi e inquinanti a favore di mezzi più nuovi ma ugualmente inquinanti. Perché stiamo parlando di incentivi che rischiano di far spendere molti soldi ai cittadini inutilmente, per comprare auto già obsolete o presto fuori legge. Occorre inoltre ripensare lo spazio pubblico con corsie preferenziali per tpl, centri urbani secondo la vision zero, con l’estensione delle aree pedonali nei centri urbani e nei quartieri, percorsi ciclopepdonali e zone 30”.

Per quanto riguarda  il riscaldamento domestico, servono abitazioni ad emissioni zero con il progressivo abbandono delle caldaie alimentate a combustibili fossili (cominciando con quelle a carbone, e passando subito dopo al gasolio). In occasione del dossier Mal’aria 2021, Legambiente ha lanciato anche una petizione on line – https://attivati.legambiente.it/malaria – in cui sintetizza le sue richieste per città più vivibili invitando i cittadini a sottoscriverla. Alla raccolta firme, si affianca anche una mobilitazione social attraverso la quale l’associazione chiede a tutte le persone di scattarsi un selfie in primo piano con una mascherina bianca, sulla quale scrivere il claim #noallosmog, davanti alla finestra aperta o in un luogo simbolo della (una statua, una piazza, ecc). E di pubblicare la foto sui propri profili e pagine social taggando @Legambiente e usando gli hashtags #malaria e #noallosmog.