Le prime due in Piemonte e Campania. Abbattono l’impatto ambientale e rafforzano la coesione sociale
Di Carlo Luciano
Ci siamo. Dopo un lungo travaglio e una fase di scomunica, il trait d’union tra le prime due lettere della sigla chiave del Next Generation Eu (ESG, Environment, Social, Governance) ha preso corpo in un’applicazione pratica. Sono nate le Comunità dell’energia. Una a Nord (Piemonte) e una a Sud (Campania). Ma con gli stessi obiettivi: abbassare l’impatto ambientale della produzione energetica, alzare il livello della coesione sociale. Environment e Social.
La Governance l’ha data finalmente il sistema legislativo italiano che all’inizio aveva dimostrato una certa diffidenza nei confronti di quest’innovazione, forse percepita come troppo radicalmente alternativa al sistema ereditato dal ventesimo secolo.
E certo le differenze ci sono. Da una parte il vecchio sistema verticale che faceva perno su poche grandi centrali e una rete di distribuzione centralizzata. Dall’altra il nuovo che si basa su quasi un milione di punti di “ricarica” del sistema elettrico e su una rete più moderna, flessibile, aperta alle soluzioni smart. In questo nuovo contesto, autoprodurre energia elettrica e distribuirla ai vicini non è più un atto che rischia, diffondendosi, di mettere in crisi il sistema, ma un alleggerimento della pressione della domanda, una forma di riequilibrio, una possibilità in più di resilienza. Lo aveva già documentato lo studio “Il contributo delle comunità energetiche alla decarbonizzazione in Italia” presentato in occasione del Forum Qualenergia, mostrando le opportunità che si possono creare: dai condomini ai centri commerciali, dai distretti industriali alle aree agricole interne.
Come osserva Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente, uno scenario di condivisione e autoproduzione dell’energia per l’Italia “vuol dire rilanciare il settore edilizio, che può puntare su progetti integrati di efficienza energetica e di rinnovabili con le comunità energetiche, ma anche con la connessione alla mobilità elettrica. Sono progetti che vedranno protagonisti cittadini, imprese, enti locali, associazioni, con il vantaggio di puntare a sistemi energetici totalmente elettrici e da rinnovabili, riuscendo così a risparmiare e arrivare a cancellare i consumi di gas per il riscaldamento delle case e di benzina/diesel per la mobilità”. Ora queste possibilità, finora teoriche, cominciano a diventare concrete. A Magliano Alpi, in provincia di Cuneo, è stata inaugurata la comunità Energy City Hall, ufficialmente costituita il 18 dicembre 2020. A finanziare il progetto è stato il Comune e ne beneficiano tre strutture comunali (biblioteca, palestra e scuole), un artigiano del legno e due famiglie.
A Napoli, nei prossimi giorni, partirà il cantiere che permetterà a 40 famiglie di San Giovanni a Teduccio di usufruire dell’energia pulita prodotta da un impianto fotovoltaico di 53 KW che verrà installato sul tetto della sede della Fondazione Famiglia di Maria. In questo modo verrà contrastata la povertà energetica con un’azione che consente di abbattere l’impatto ambientale della produzione energetica. La Comunità energetica nasce da una collaborazione tra la Fondazione di ispirazione cattolica e Legambiente, con un finanziamento della Fondazione con il Sud.
Il tutto, come spiega Gianni Girotto, presidente della Commissione industria del Senato, grazie alla modifica del quadro legislativo che lo scorso anno, con il decreto Milleproroghe, ha in parte recepito la nuova direttiva europea sulle rinnovabili. In Italia è diventato dunque possibile realizzare comunità energetiche con impianti al di sotto dei 200 kW di potenza. Il che vuol dire che l’energia prodotta da fonti rinnovabili in alcuni contesti (le comunità devono avere una finalità sociale e non possono essere dei consorzi per vendere energia), oltre a essere direttamente utilizzata o venduta alla rete, può anche essere ceduta ai vicini.