In Italia 2,3 milioni di famiglie in povertà energetica

A maggior rischio le regioni del Sud, le famiglie numerose, quelle dove il capofamiglia ha meno di 35 anni e quelle guidate da donne ultracinquantenni

In Italia ci sono oltre 2,3 milioni di famiglie in povertà energetica. A maggior rischio sono le regioni del Sud, le famiglie con oltre cinque componenti, quelle dove il capofamiglia ha meno di 35 anni e quelle guidate da donne ultracinquantenni. Sono gli ultimi dati diffusi da Enea per il Rapporto annuale dell’Osservatorio italiano sulla povertà energetica (Oipe). Fra il 2016 e il 2018, il fenomeno ha colpito circa 40 mila famiglie in più: siamo all’8,8% a livello nazionale.

Per il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2020 (Pniec), persone o famiglie “in povertà energetica” sono coloro che hanno “difficoltà ad acquistare un paniere minimo di beni e servizi energetici”, o che si trovano “in una condizione per cui l’accesso ai servizi energetici implica una distrazione di risorse superiore a quanto socialmente accettabile, in termini di spesa o di reddito”.

Le regioni del Sud Italia le più interessate

Secondo lo studio di Oipe, l’indice di povertà energetica è più elevato nelle aree scarsamente popolate (14,4%) rispetto a quelle densamente popolate (5,2%) e nei nuclei familiari in cui i capifamiglia hanno bassi titoli di studio, nazionalità extra-Ue o tipologie di reddito diverse dal lavoro dipendente. Il 41,6% delle famiglie italiane che vive in condizione di povertà energetica abita in meno di 70 metri quadri.

In generale, le regioni più interessate dalla povertà energetica sono quelle del Sud Italia, in particolare Molise, Campania, Calabria, Basilicata e Sicilia: in parte dipende dal clima, e in parte può essere collegata alla situazione economica delle famiglie, come suggeriscono anche gli indici di povertà dell’Istat.

La spesa energetica sul bilancio delle famiglie

Nonostante nel 2020 ci sia stato un calo dei consumi e dei prezzi dell’energia per ragioni legate alla pandemia, secondo quanto evidenzia il primo rapporto dell’Oipe del 2019, tra il 2007 e il 2017 i prezzi dell’elettricità sono aumentati del 35% e quelli per il gas del 23%: nello stesso periodo l’incidenza della spesa energetica sul bilancio delle famiglie è aumentata dal 4,7% al 5,1%. A questa tendenza, secondo l’Oipe, bisogna anche aggiungere che la pandemia da coronavirus ha avuto un grosso impatto sull’impoverimento della popolazione e che nei prossimi anni si prevede un ulteriore peggioramento della situazione. Anche perché le conseguenze dei cambiamenti climatici influenzeranno sempre di più la domanda di energia, per esempio facendo aumentare la domanda di raffrescamento in estate.

“In sintesi – sottolinea Ilaria Bertini, direttrice del dipartimento Enea per l’Efficienza energetica – si tratta di un ‘trilemma’ che nasce dalla compresenza di redditi bassi, abitazioni inefficienti dal punto vista energetico e alti costi dell’energia. Ad oggi, possono contribuire a contrastare questo fenomeno gli strumenti di incentivazione che promuovono l’efficienza energetica nel settore residenziale quali Ecobonus e Superbonus e il Conto Termico. Inoltre un ulteriore impulso è atteso dal Recovery Plan, nel quale sono previsti circa 30 miliardi in progetti di efficienza energetica e riqualificazione degli edifici”.

Fenomeno diffuso in altri paesi dell’Ue

Ma il fenomeno della povertà energetica è molto diffuso anche in altri paesi dell’Unione europea. L’Osservatorio europeo sulla povertà energetica ha stimato che nei paesi Ue la povertà energetica colpisce l’11% circa della popolazione, ossia 54 milioni di cittadini: concretamente, vuol dire che non possono permettersi di riscaldare la casa d’inverno o di rinfrescarla d’estate in maniera adeguata, o ancora che spendono più del 10% del loro reddito per pagare i servizi energetici. Le persone che denunciano di non poter riscaldare casa in modo adeguato sono oltre il 30% in Bulgaria, meno del 2% in Finlandia, Austria e Svezia.