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Economia circolare: Italia avanti ma per uscire dalla crisi servono tre mosse

L’Italia ha una posizione di leadership nel settore, ma deve varare rapidamente tre misure

Se l’economia italiana ed europea sono in difficoltà, non è solo a causa della guerra in Ucraina. La crisi riguarda l’approvvigionamento di gas ma anche quello di una serie di materie prime di vasto uso: a mancare – o ad essere arrivate a costi proibitivi – sono fra gli altri il rame, il litio, il cobalto. Delle 34 materie prime critiche che servono per far andare l’economia dei dispositivi elettronici, le telecomunicazioni, i tools per le energie rinnovabili, solo 6 provengono dal continente europeo, contro le 10 cinesi e le 4 sudafricane. Tutti materiali che continuiamo a prendere dalle miniere vere e proprie, tralasciando la fonte di approvvigionamento migliore, quella costituita dall’economia circolare, cioè dal recupero dei materiali dopo l’uso e dal loro riutilizzo attraverso processi produttivi di trasformazione. Eppure – a differenza di quanto si pensa in generale – il nostro Pese è in ottima posizione per quello che riguarda appunto il recupero.

La situazione italiana è ben definita da un indicatore, il consumo pro capite di materiali: nel nostro Paese si arriva 7,4 tonnellate di materia a testa, rispetto alle 13,4 della Germania. Ma soprattutto, nel 2020, ultimo anno disponibile di dati, nell’Unione europea il tasso di utilizzo circolare di materia è stato pari al 12,8%. In Italia il valore ha raggiunto il 21,6%, secondo solamente a quello della Francia (22,2%) e di quasi dieci punti percentuali superiore a quello della Germania (13,4%).

Di una situazione dell’economia circolare relativamente più positiva nel nostro Paese, ma generalmente ancora insufficiente per far fronte alla grande crisi strutturale che stiamo vivendo, si è parlato a Ecomondo, presso la Fiera di Rimini, nell’ambito degli Stati generali della Green economy, in una sessione tematica promossa dal Circular Economy Network (CEN) su “L’attuazione del Piano di azione europeo e della strategia nazionale per l’economia circolare”.

I dati contenuti nel Rapporto sull’economia circolare in Italia 2022 redatto da CEN, confermano una situazione che vede l’Italia in un rank molto avanzato, ma ancora non in grado di fare della circolarità il suo maggiore punto di forza, come sarebbe d’obbligo per un Paese quasi assolutamente sprovvisto di materie prime per l’industria avanzata. L’Italia ha conosciuto negli anni un trend di crescita del tasso di utilizzo di materia proveniente dal riciclo praticamente continuo, partendo dall’11,6% del 2011 per arrivare al 21,6% del 2020. Da notare come nell’ultimo anno di analisi l’incremento nel nostro Paese sia stato del 2,1%, a fronte di un aumento medio a livello europeo dello 0,9%.

Nel 2020 in media in Europa per ogni kg di risorse consumate sono stati generati 2,1 euro di Pil. L’Italia – sempre secondo i dati del Rapporto – per ogni kg di risorsa consumata, ha prodotto 3,5 euro di Pil: il 60% in più rispetto alla media Ue. Nel 2018 il rapporto fra la produzione di rifiuti e il consumo complessivo di materiali nell’Unione europea era al 37%, in Italia al 35,4%, con un incremento di circa 13 punti percentuali rispetto al 2010.

La percentuale di riciclo di tutti i rifiuti nel 2018 in Italia è stata del 67,5%: il dato più elevato dell’Ue, dove la media era del 35,2%. L’aspetto più interessante è il tasso di crescita. Mentre per l’Ue è rimasto pressoché invariato, in Italia è salito di 9 punti percentuali, in Francia di 8, al contrario di Polonia e Spagna che hanno peggiorato le loro prestazioni (-4 e -20 punti percentuali, rispettivamente). La Germania ha mantenuto nel tempo la stessa percentuale di riciclo dei rifiuti totali, al 40,9%.

“L’Italia occupa una buona posizione in Europa sul fronte dell’economia circolare, ma le sue performance non le consentono al momento di raggiungere gli obiettivi che il quadro economico attuale, con la forte crescita dei prezzi delle materie prime e l’incertezza delle forniture, richiede”, afferma Edo Ronchi, presidente del Circular Economy Network. “Occorre rendere più rapida l’attuazione del nuovo Piano di azione europeo per l’economia circolare, approvato a febbraio 2021, che ha l’obiettivo di accelerare la transizione verso un’economia circolare e rigenerativa, con una particolare attenzione alla progettazione di prodotti sostenibili, alla circolarità nei processi produttivi e nei settori a più alta intensità di risorse e ad alto impatto ambientale. Ma soprattutto occorre accelerare il disaccoppiamento della crescita economica dal consumo di materie prime vergini, che è l’obiettivo strategico dell’economia circolare e del Green Deal europeo. La conversione verso modelli di produzione e di consumo circolari è sempre più una necessità non solo per garantire la sostenibilità dal punto di vista ecologico, ma per la solidità della ripresa economica, la stabilità dello sviluppo e la competitività delle imprese”.

A poter dare un impulso significativo alla circolarità, facendone un asset centrale dello sviluppo green, sono i finanziamenti dei bandi previsti dal PNRR per l’economia circolare. Significa poter attivare a breve finanziamenti per 2,1 miliardi di euro (1,5 mld per impianti di trattamento e riciclo, sistemi innovativi di raccolta differenziata e 600 milioni per “Progetti faro” per economia circolare) e un volume di investimenti ancora maggiore. Secondo il CEN, già dalla prossima legge di bilancio che il nuovo Governo dovrà definire nei prossimi giorni, sono tre le misure, previste dal cronoprogramma di attuazione della Strategia nazionale per l’economia circolare, da varare con priorità: rafforzare il credito di imposta Transizione 4.0 a sostegno degli investimenti delle imprese in direzione dell’economia circolare; estendere e rafforzare gli incentivi fiscali per l’utilizzo di materiali riciclati; una revisione del sistema di tassazione ambientale sui rifiuti per incentivare la raccolta differenziata e il riciclo e disincentivare lo smaltimento in discarica, in modo da fare pagare meno cittadini e Comuni virtuosi.