Come cambierà il trasporto aereo nei prossimi anni: il ruolo del biofuel per sostituire il jet fuel da fonti fossili
Prima della pandemia ogni giorno decollavano 128.000 voli che trasportavano 12,5 milioni di passeggeri e 18 miliardi di dollari di merci. Il Covid ha impreso al settore una bella frenata, ma è ragionevole supporre che in un arco di tempo non troppo lungo il trend di crescita ripartirà. Anche perché il mercato ancora da conquistare per il traffico aereo è enorme. Ancora oggi l’80% della popolazione mondiale non ha mai volato: con l’espandersi della classe media globale questa percentuale diminuirà.
Nel 2018 i passeggeri trasportati sono stati complessivamente oltre 4,3 miliardi, il 75% in più rispetto a 10 anni fa, una tendenza destinata a rafforzarsi. Ciò vale anche per le merci movimentate via aerea che, sebbene in volume rappresentino solo l’1% del commercio mondiale, nel 2018 in valore sono state pari a 6,7 trilioni di dollari. Ovvero, circa la metà del Pil della Cina. Si stima che nei prossimi 20 anni il mercato del trasporto aereo raddoppierà rispetto alla dimensione attuale sia in termini di numero di aerei operativi che di passeggeri/merci trasportati.
Entro il 2037 la flotta mondiale raddoppierà
Sotto il profilo ambientale, oggi il trasporto aereo rappresenta il 2-2,5% delle emissioni totali di CO2 e il 12% del totale del trasporto meccanizzato. Senza interventi incisivi, questo impatto è destinato a crescere con l’aumento del traffico e con la previsione che entro il 2037 la flotta mondiale raddoppierà superando i 50.000 aerei in servizio (nel 2018 erano 25.830).
L’industria sta lavorando con università, fornitori e Nasa per studiare soluzioni innovative. Ad esempio, i 185 mila voli commerciali operati dal 2008 ad oggi con un blend di jet fuel tradizionale e nuovi carburanti sostenibili da fonti rinnovabili (scarti agricoli, oli usati, grassi animali, rifiuti) stanno dando risultati positivi, con un taglio delle emissioni fino all’80% secondo la Iata (International air transport association). In prima fila su questo fronte ci sono United Airlines, che ha anche investito in società del settore biofuel, Sas e Air France.
Il ruolo dell’industria petrolifera
Un ruolo importante in questo processo, quindi, dovrà svolgerlo l’industria petrolifera poiché ulteriori riduzioni potranno essere conseguite solo attraverso la sostituzione, via via crescente, del jet fuel tradizionale con combustibili alternativi, a basso o nullo contenuto di carbonio, i cosiddetti Saf (Sustainable Aviation Fuel). Allo stato attuale, i biocarburanti vengono miscelati direttamente con il carburante convenzionale per jet fino a una miscela 50/50, che è il massimo consentito dalle attuali specifiche sui combustibili. Per rispettare l’impegno dell’aviazione di ridurre le emissioni di carbonio del 50% rispetto ai livelli del 2005 entro il 2050, gli aeromobili devono essere in grado di volare con carburanti per aviazione sostenibili al 100% ben prima del 2050.
I nuovi carburanti sostenibili da fonti rinnovabili chimicamente sono simili al jet fuel fossile, sono utilizzabili senza modifiche nei motori degli aerei e nei sistemi di distribuzione aeroportuali ma risultano ancora troppo costosi: produrre una tonnellata di biocarburante da sostanze lignocellulosiche oggi costa 2.500 dollari, circa due volte e mezzo il costo di una tonnellata di cherosene. Per la Iata, senza incentivi, entro il 2025 i biofuel potranno valere appena il 2% dei carburanti. Il loro sviluppo richiede pertanto l’introduzione di misure volte a stimolarne la ricerca, l’industrializzazione e l’utilizzo. Secondo gli esperti, con un impegno finanziario e politico maggiore, il biofuel potrebbe coprire già il 20% del fabbisogno energetico del settore entro il 2030.
Il combustibile per l’aviazione sostenibile
Intervistato dal Corriere della Sera, Barry ter Voert, senior vice president Europa del gruppo Air France-Klm, sostiene che per attenuare l’inquinamento la soluzione c’è già ed è il combustibile per l’aviazione sostenibile (Saf). “Peccato però che costi due, tre volte il kerosene tradizionale perché c’è poca domanda, il prezzo è alto e di conseguenza la produzione è poca. Per ovviare alla scarsa domanda nel 2022 “inaugureremo in Olanda uno stabilimento che produrrà 100 mila tonnellate di biofuel l’anno e Klm si è impegnata a comprarne il 75%”. L’impianto “utilizzerà principalmente rifiuti locali e flussi di residui come materia prima e sarà il primo del suo genere al mondo”.
Dal 2016 l’aeroporto di Oslo, primo al mondo, offre il servizio commerciale di rifornimento alla pompa di biofuel per aerei. Il biocombustibile è distribuito da Air BP e lo produce la finlandese Neste nell’ambito del progetto dimostrativo europeo Itaka (Initiative towards sustainable kerosene for aviation) finanziato dal Settimo Programma Quadro dell’Unione europea. Come materie prime per la conversione in biokerosene sono utilizzati olio di camelina europea e olio alimentare usato, così da ottenere un risparmio di emissioni di gas serra pari al 60% se confrontato con il combustibile aeronautico di origine fossile.
Carburanti sostenibili al 100% entro il 2030
Infine, ultima novità in ordine di tempo, Boeing, la più grande compagnia aerospaziale del mondo, si impegna a volare con carburanti per aviazione sostenibili al 100% entro il 2030 perché la riduzione dei danni ambientali da combustibili fossili rappresenta “la sfida della nostra vita”. Intanto ha condotto con successo voli di prova sostituendo il carburante per aerei con il 100% di combustibili sostenibili. Nel 2018, il programma di test di volo Boeing ecoDemonstrator ha effettuato il primo volo aereo commerciale al mondo utilizzando combustibili sostenibili al 100% con un cargo 777, in collaborazione con FedEx Express.