Le polveri sottili riducono del 5% la resa del solare in Italia, del 13% in Cina
L’inquinamento atmosferico riduce in media del 5% la resa degli impianti fotovoltaici. In alcuni casi – ovvero in aree particolarmente inquinate, con alti livelli di polveri sottili Pm2,5 – questa perdita può raddoppiare. È quanto è emerso da uno studio condotto dai ricercatori del Centro Enea di Portici in collaborazione con il Dipartimento di ingegneria ambientale dell’Università Federico II di Napoli.
“Analizzando il funzionamento dei rilevatori ottici per polveri sottili, ci siamo resi conto che il particolato disperde in maniera rilevante la radiazione solare proprio nel range di lunghezze d’onda in cui ci si attende che le celle solari funzionino al meglio”. Spiega Girolamo Di Francia responsabile del Laboratorio Sviluppo Applicazioni Digitali Fotovoltaiche e Sensoristiche dell’Enea. “Un dato che dimostra, una volta di più, come la connessione tra la produzione ed il consumo di energia debba andare di pari passo con le tematiche di salvaguardia dell’ambiente”.
Se lo studio Enea è stato effettuato in Campania, il problema non riguarda certo solo l’Italia. Una ricerca analoga – pubblicata su Nature Energy – è stata condotta in Cina. I risultati sono ancora più preoccupanti visto che la riduzione della resa degli impianti fotovoltaici è stata pari al 13%.
I ricercatori cinesi hanno osservato i dati riferiti alle radiazioni di 119 siti distribuiti in tutto il Paese, evidenziando che tra il 1960 e il 2015 a causa dell’inquinamento atmosferico il potenziale fotovoltaico è diminuito in media dell’11-15%. Se si tornasse ai livelli di particolato degli anni Sessanta, l’aumento dei livelli di radiazione farebbe crescere del 12-13% la produzione elettrica da fotovoltaico, ottenendo dai 51 ai 74 GWh in più con le capacità previste per il 2030. Con un corrispondente beneficio economico pari a 4,6-6,7 miliardi di dollari.